La terapia Cranio sacrale sui neonati
La terapia cranio sacrale si basa sulla profonda conoscenza del funzionamento e del rapporto delle ossa del cranio tra di loro e si occupa prevalentemente di patologie di competenza otorinolaringoiatrica, ma anche di nevralgie miotensive o di problemi di natura meccanica come patologie legate all’articolazione temporomandibolare.
La tecnica di terapia cranio sacrale è particolarmente indicata sui neonati e nei bambini fin dal momento della nascita.
Infatti, nel passaggio attraverso il canale del parto, la testa del feto, spinta nel bacino attraverso le contrazioni dell’utero, si deforma per accomodarsi alla via pelvica.
Solo dopo il primo grido del neonato, il fluttuare del liquido cefalorachidiano (LCR) e la trazione delle membrane riallineano le ossa del cranio tra di loro.
E’ necessario rendersi conto ed essere consapevoli della delicatezza che questo lavoro richiede per avere la percezione di dove, noi osteopati, stiamo “mettendo le mani”.
La terapia cranio sacrale sui neonati, infatti, è qualcosa di estremamente serio ed è necessario affidarsi a professionisti preparati che sappiano unire le competenze tecniche acquisite in anni di studio e l’umana comprensione del dolore altrui.
Io ho avuto la fortuna di “nascere” contemporaneamente come kinesiologo e come osteopata per neonati e adulti e cercherò di descrivere la terapia cranio sacrale attraverso questa mia particolare esperienza.
Quando mia moglie aspettava nostra figlia, frequentavo il primo anno di corso, ero convinto di studiare con l’obiettivo finale di poter lenire i dolori alle persone che ne soffrivano, specialmente scelsi l’osteopatia per il dolore alla schiena, probabilmente il tipo di infiammazione più diffusa e più comune da contrarre ai giorni nostri.
Ero inoltre molto curioso e terribilmente affascinato dall’approccio osteopatico sul cranio dei neonati!
Ricordo con viva emozione il momento dell’espulsione (che fu precipitosa) e di come mi ritrovai curiosamente ad osservare da che parte si girasse la testa di mio figlia.
Tra la confusione e lo stupore di quei meravigliosi momenti, il pianto del bambino e le operazioni di accoglienza e di vestizione mi misero questo “esserino” tra le braccia per pochissimo, subito dopo la mamma.
Oddio quanto è piccolo, pensai, come si tocca un neonato?
Da che parte si comincia?
Le mani e le sensazioni mi guidarono e la prima cosa che accarezzai fu la sua testa…
Cercai di essere più delicato del velluto e sfiorando la sua morbida peluria mi misi a “sentire” se qualche percezione arrivasse come risposta nella mia mano!
Non riuscivo, forse anche per le forti emozioni che provavo, a sentire il pulsare delle ossa del cranio nel loro processo di assestamento.
Non mi scoraggiai e, giorno dopo giorno, accarezzandolo con sempre più confidenza mi misi alla ricerca di un qualcosa che potesse farmi capire di più di quello che avevo solo teoricamente studiato sui libri.
Prova e riprova, un bel giorno la rivelazione!
Esistevano dei “solchi” tra un osso e l’altro ed erano talmente larghi che il mio dito poteva “camminarci dentro” Erano le “suture”.
Ogni tanto c’era un avvallamento più profondo, le “fontanelle”: quanto erano larghe!!!
Continuai la mia esplorazione soprattutto quando la piccolina dormiva o quando beveva il latte dalla mamma.
E finalmente un giorno affiorò sotto le mie mani una sensazione fantastica: il movimento! Si tutto si apriva e si chiudeva con un ritmo preciso che era regolato dal respiro. Potete immaginare l’emozione!!!
Non mi fermai in questa ricerca quotidiana di qualsiasi elemento che potesse farmi avanzare nella mia conoscenza e quando fui invitato a portare mia figlia al corso per mostrare ad altri colleghi come si lavora sui bambini fui estremamente felice.
Scoprivo, col tempo, come le fontanelle si chiudevano e come la morbidezza del cranio diventasse via via più consistente e come poco a poco i “solchi” che avevo sentito alla nascita si restringessero sempre di più.
Le suture iniziavano a saldarsi.
Crescendo mia figlia affrontava i suoi primi raffreddori, le sue piccole influenze, e io mi ritrovavo a comprimere il quarto ventricolo, ad aprire i mascellari con la certezza che questo la aiutasse a superare le crisi di crescita.
Poi è arrivata la mia seconda figlia.
Ero già’ al terzo anno di osteopatia e le mie mani, ma soprattutto le mie conoscenze si erano affinate e con lui fu tutto più’ facile.
Sembrava quasi provare un profondo piacere dal mio “camminare” non solo sul suo cranio ma anche sulla sua pancia morbida e piena di sorprese da scoprire.
E’ stato fantastico essere accompagnato nel corso dei miei faticosissimi studi dalle mie figlie che solo ora mi accorgo di avere avuto in dono per sperimentare “in diretta” la vita nel suo divenire.